Desiderio o dipendenza: ci piace davvero quello che vogliamo?

Andrea Maggioni
28/12/2020
La notizia dipendenza o desiderio
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La scienza apre la strada ad una possibile cura dalle dipendenze, la dopamina potrebbe essere la chiave.


Tra le parole “volere” e “piacere” esiste sicuramente una correlazione: mi piace, quindi, lo voglio. Eppure, Kent Berridge - professore di psicologia e neuroscienze presso l'Università del Michigan - ha rivoluzionato la visione scientifica di desiderio e gradimento.

Attraverso diversi esperimenti con topi da laboratorio, Kent, ha formulato l’ipotesi che il desiderio di qualcosa e il suo apprezzamento corrispondono a due sistemi distinti tra loro nel cervello e che la dopamina non influisce affatto sul gradimento.

I topi hanno espressioni facciali simili alle nostre: quando assumono alimenti di loro gradimento si leccano le labbra, al contrario, quando qualcosa non gli piace aprono la bocca e scuotono la testa. L’esperimento che ha portato Kent alla formulazione della sua ipotesi consisteva nel nutrire i topi, privati di dopamina, con una sostanza zuccherina che i roditori hanno comunque “apprezzato” nonostante la mancanza del neurotrasmettitore, per poi tentare all’inverso, con un sovradosaggio, notando che i topi avevano aumentato il quantitativo di cibo consumato ma, apparentemente, non il piacere dato dal consumo stesso.

La dopamina intensifica le tentazioni, quando abbiamo fame o sete intensifica il nostro desiderio di cibo o acqua, stesso discorso per abitudini come il fumo, l’alcol o le droghe.

Il desiderio di qualcosa è, di per sé, più importante del piacere stesso che possiamo ricavarne.

Nei soggetti dipendenti da droghe, alcol, gioco d’azzardo e altre patologie, il sistema dopaminergico è più sensibilizzato. Il desiderio non scompare mai e viene costantemente innescato da numerosi spunti visivi che il cervello interpreta come possibili ricompense piacevoli, ad esempio, la vista di una siringa o un cucchiaio per un tossicodipendente o di una slot machine per un giocatore compulsivo. I ricercatori stanno cercando di capire se questo processo di sensibilizzazzione sia potenzialmente reversibile per poter intervenire in aiuto delle persone affette da pesanti dipendenze.